mercoledì 16 novembre 2016

La Spia del Mare e le Maschere


Avete visto che belle le altre tappe del BlogTour? Oggi è arrivato il nostro turno. Sono pronta? Nope. Ma ormai era tardi per trasferirmi su Marte, che fra l’altro dalla vittoria di Trump è più affollato di Tokyo centro, quindi ci si prova lo stesso!
Il nostro argomento sono le maschere. Se avete già letto La Spia del Mare avrete notato che il libro ne è pieno, se non lo avete letto comunque potevate aspettarvelo. Insomma, Venezia…




Anche sapendo che Venezia è famosa (fra le altre cose) per le maschere, prima di leggere il libro non avevo idea che le portassero normalmente quando volevano uscire per fare un po’ di bagordi, quindi mi sono giustamente sentita ignorante e ho fatto qualche ricerca.
In pratica pare che la Serenissima fosse un luogo splendidamente lassista e un po’ debosciato, tanto che a un certo punto hanno istituito un “Magistrato alle pompe” che doveva fare in modo che, nel limite del possibile, si dessero tutti una calmata. Solo che chi voleva trasgredire bastava che non si facesse riconoscere ed era a posto. Ipocrisia ma con simpatia. C’era una grande scelta di maschere, alcune anche piuttosto inquietanti.


LA BAUTA: mantello e tabarro nero che coprono tutto il corpo, cappello tricorno, maschera bianca un po’ a becco, che copre tutto il volto ma permette di mangiare senza levarla. In pratica un ninja ma più inquietante. Era la maschera più tollerata, poteva essere indossata sia dagli uomini che dalle donne e dava il 100% di anonimato, quindi era molto diffusa. Immaginate di girare per le calli di notte e trovarvi davanti un intero gruppetto di queste. Un horror.

IL BERNARDONE: si trascinava per tutta la città con le stampelle fingendo o ostentando malanni vari. L’anima della festa proprio. Era una delle maschere più usate dal popolo.

LA GNAGA: nel sedicesimo secolo gli omosessuali veneziani vennero perseguitati a causa di una protesta delle prostitute, che si vedevano soffiare i clienti. Ma la legge veneziana offre una scappatoia per tutto, ed è per questo che questa Venezia ci piace tanto. Gli omosessuali potevano infatti liberamente vestirsi da donna, mettersi la maschera da gatto e fare la voce in falsetto. Se fossero stati fermati mentre facevano proposte sconce a un passante non potevano essere toccati: stavano interpretando un ruolo, faceva parte del gioco.


IL MATTACCINO: praticamente il pagliaccio o giullare. Ha un costume un po’ particolare, a volte bianco e nero a volte colorato. Fa scherzi innocui, tipo tirare uova piene di profumo.



LA MORETTA: una maschera piccola e in velluto nero che si tiene su grazie a un bottone da stringere tra i denti. Quindi è comoda se devi trattenerti dal mandare a cagare qualcuno, perché con questa maschera non si può parlare. O bere. O mangiare. Ma che cosa andavano alle feste a fare allora? (Ma poi con sta cosa in bocca tutto il tempo non si sbavucchia un sacco? Vabbè)




LA MASCHERA DEL DOTTORE DELLA PESTE: formata da una lunga tunica nera che copriva fino ai piedi e da una maschera con un lungo becco che i medici della peste riempivano di erbe aromatiche per purificare l’aria ed evitare il contagio. Tipo maschera antigas. Già avere la peste non doveva essere piacevole, immagina poi se tu sei lì che cerchi di non morire e ti si avvicina sto coso, nero, con un lungo becco da uccello.



Ma non è finita qui! Ci sono ancora tutte le maschere della commedia dell’arte. Va beh non proprio tutte, non preoccupatevi. Ecco quelle che compaiono:

PANTALONE: ha origine nel personaggio del vecchio nelle commedie latine. Un mercante vecchio, ricco, con un brutto carattere e con un debole per le giovani donne… vi direi chi mi ricorda ma, dai, troppo facile. Indossa una maschera con naso adunco e sopracciglioni, pantaloni e giacca rossi e zimarra nera.

IL CAPITAN SPAVENTA: è un lanzichenecco, un capitano di ventura, insomma, in parole povere un soldato. È uno spaccone, racconta balle colossali sulle sue imprese ed è un gran donnaiolo. Di solito nella commedia dell’arte ha il ruolo dell’innamorato infedele o crea scompiglio fra due promessi. Essendo una maschera molto vanitosa il suo costume è sgargiante: a strisce gialle e rosse, con gorgiera e cappello piumato. La maschera ha il naso lungo e l’espressione intimidatoria. Anche perché se no si chiamerebbe capitan coccola.

IL DOTTOR BALANZONE: è una maschera di Bologna, che ai tempi era chiamata “la dotta” per la sua antica università e rappresenta il vecchio professorone saccente e pesante. Usa la sua posizione per perseguire interessi personali, cioè una cosa che oggi non accadrebbe MAI (inserire sarcasmo), ma viene sistematicamente rimesso in riga dagli scherzi dei servi.
Ha il classico vestito nero da professore universitario, con mantello nero e feluca, e una maschera che lascia scoperte le guance.


ARLECCHINO: ha origine da un Hallequin, un cavaliere leggendario che guidava un esercito di anime dannate. Lo troviamo un po’ in tutta l’Europa medievale come re dell’inferno, poi nell’Inferno di Dante come demone Alichino, e poi deve aver fatto veramente incazzare qualcuno perché si è ritrovato a fare lo Zanni, il servo sciocco nella commedia dell’arte. Anche le maschere hanno alti e bassi nella vita.


COLOMBINA: onestamente è la mia preferita, quindi lascerò che siano le citazione a parlare perché non voglio rovinarvela.

Di lato qualcuno contemplava la scena senza intervenire. Era una donna alta, con una parrucca argentea su un abito blu ornato di balze bianche che ricordavano un grembiule la versione lussuosa di una divisa da domestica – e una mezza maschera sul volto.
 Colombina.


«Colombina è una serva dalla fedeltà indiscussa» continuò lui. «Acuta e intelligente, la combinazione perfetta fra obbedienza e iniziativa.»

E concludiamo con una cosa buona! Siete ancora in tempo a partecipare a #spialacioccolata! Ripassiamo le regole:

Per partecipare all'estrazione della cioccolata calda:
- fotografa La spia del mare con della cioccolata in qualunque forma
- utilizza gli hashtag #SpiaLaCioccolata e quello della tappa odierna
- condividi la foto sui social (Instagram e/o Facebook e/o twitter)
- inviaci i link della condivisione della foto a info.liberarcanus@gmail.com
Opzionale:
- cerca di utilizzare la stessa cioccolata dell'hashtag odierno nella tua foto o qualcosa
- oltre a una cioccolata di qualunque tipo
- che rimandi al gusto della tappa.
Si può partecipare con una foto originale per ogni hashtag odierno, per un totale di 10 foto e 10 possibilità di estrazione. La cioccolata in premio è fondente al 60%.

L'hashtag di oggi riguarda Manuel e il caffè: #ManueleCaffè 
Fatevi sentire!

Purin

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