Avete visto che belle le altre tappe del BlogTour? Oggi è arrivato il nostro turno. Sono pronta? Nope. Ma ormai era tardi per trasferirmi su Marte, che fra l’altro dalla vittoria di Trump è più affollato di Tokyo centro, quindi ci si prova lo stesso!
Il nostro argomento
sono le maschere. Se avete già letto La Spia del Mare avrete notato che il
libro ne è pieno, se non lo avete letto comunque potevate aspettarvelo.
Insomma, Venezia…
Anche sapendo che
Venezia è famosa (fra le altre cose) per le maschere, prima di leggere il libro non avevo idea che
le portassero normalmente quando volevano uscire per fare un po’ di bagordi, quindi
mi sono giustamente sentita ignorante e ho fatto qualche ricerca.
In pratica pare che
la Serenissima fosse un luogo splendidamente lassista e un po’ debosciato,
tanto che a un certo punto hanno istituito un “Magistrato alle pompe” che
doveva fare in modo che, nel limite del possibile, si dessero tutti una
calmata. Solo che chi voleva trasgredire bastava che non si facesse riconoscere
ed era a posto. Ipocrisia ma con simpatia. C’era una grande scelta di maschere,
alcune anche piuttosto inquietanti.
LA BAUTA: mantello
e tabarro nero che coprono tutto il corpo, cappello tricorno, maschera bianca
un po’ a becco, che copre tutto il volto ma permette di mangiare senza levarla.
In pratica un ninja ma più inquietante. Era la maschera più tollerata, poteva
essere indossata sia dagli uomini che dalle donne e dava il 100% di anonimato,
quindi era molto diffusa. Immaginate di girare per le calli di notte e trovarvi
davanti un intero gruppetto di queste. Un horror.
IL BERNARDONE: si
trascinava per tutta la città con le stampelle fingendo o ostentando malanni
vari. L’anima della festa proprio. Era una delle maschere più usate dal popolo.
LA GNAGA: nel
sedicesimo secolo gli omosessuali veneziani vennero perseguitati a causa di una
protesta delle prostitute, che si vedevano soffiare i clienti. Ma la legge
veneziana offre una scappatoia per tutto, ed è per questo che questa Venezia ci
piace tanto. Gli omosessuali potevano infatti liberamente vestirsi da donna,
mettersi la maschera da gatto e fare la voce in falsetto. Se fossero stati
fermati mentre facevano proposte sconce a un passante non potevano essere
toccati: stavano interpretando un ruolo, faceva parte del gioco.
IL MATTACCINO:
praticamente il pagliaccio o giullare. Ha un costume un po’ particolare, a
volte bianco e nero a volte colorato. Fa scherzi innocui, tipo tirare uova
piene di profumo.
Ma non è finita
qui! Ci sono ancora tutte le maschere della commedia dell’arte. Va beh non
proprio tutte, non preoccupatevi. Ecco quelle che compaiono:
PANTALONE: ha
origine nel personaggio del vecchio nelle commedie latine. Un mercante vecchio,
ricco, con un brutto carattere e con un debole per le giovani donne… vi direi
chi mi ricorda ma, dai, troppo facile. Indossa una maschera con naso adunco e
sopracciglioni, pantaloni e giacca rossi e zimarra nera.
IL CAPITAN
SPAVENTA: è un lanzichenecco, un capitano di ventura, insomma, in parole povere
un soldato. È uno spaccone, racconta balle colossali sulle sue imprese ed è un
gran donnaiolo. Di solito nella commedia dell’arte ha il ruolo dell’innamorato
infedele o crea scompiglio fra due promessi. Essendo una maschera molto
vanitosa il suo costume è sgargiante: a strisce gialle e rosse, con gorgiera e cappello
piumato. La maschera ha il naso lungo e l’espressione intimidatoria. Anche
perché se no si chiamerebbe capitan coccola.
IL DOTTOR
BALANZONE: è una maschera di Bologna, che ai tempi era chiamata “la dotta” per
la sua antica università e rappresenta il vecchio professorone saccente e
pesante. Usa la sua posizione per perseguire interessi personali, cioè una cosa
che oggi non accadrebbe MAI (inserire sarcasmo), ma viene sistematicamente
rimesso in riga dagli scherzi dei servi.
Ha il classico
vestito nero da professore universitario, con mantello nero e feluca, e una
maschera che lascia scoperte le guance.
ARLECCHINO: ha
origine da un Hallequin, un cavaliere leggendario che guidava un esercito di
anime dannate. Lo troviamo un po’ in tutta l’Europa medievale come re dell’inferno,
poi nell’Inferno di Dante come demone Alichino, e poi deve aver fatto veramente
incazzare qualcuno perché si è ritrovato a fare lo Zanni, il servo sciocco nella
commedia dell’arte. Anche le maschere hanno alti e bassi nella vita.
COLOMBINA: onestamente
è la mia preferita, quindi lascerò che siano le citazione a parlare perché non
voglio rovinarvela.
Di lato qualcuno contemplava la scena senza
intervenire. Era una donna alta, con una parrucca argentea su un abito blu
ornato di balze bianche che ricordavano un grembiule la versione lussuosa di
una divisa da domestica – e una mezza maschera sul volto.
Colombina.
«Colombina è una serva dalla fedeltà
indiscussa» continuò lui. «Acuta e intelligente, la combinazione perfetta fra
obbedienza e iniziativa.»
E concludiamo con una cosa buona! Siete ancora in tempo a partecipare a #spialacioccolata! Ripassiamo le regole:
Per partecipare all'estrazione
della cioccolata calda:
- fotografa La spia
del mare con della cioccolata in qualunque forma
- utilizza gli
hashtag #SpiaLaCioccolata e quello della tappa odierna
- condividi la foto
sui social (Instagram e/o Facebook e/o twitter)
- inviaci i link
della condivisione della foto a info.liberarcanus@gmail.com
Opzionale:
- cerca di
utilizzare la stessa cioccolata dell'hashtag odierno nella tua foto o qualcosa
- oltre a una
cioccolata di qualunque tipo
- che rimandi al
gusto della tappa.
Si può partecipare
con una foto originale per ogni hashtag odierno, per un totale di 10 foto e 10
possibilità di estrazione. La cioccolata in premio è fondente al 60%.
L'hashtag di oggi riguarda Manuel e il caffè: #ManueleCaffè
Fatevi sentire!
Purin
Nessun commento:
Posta un commento
Dicci la tua opinione!