Due giorni dopo il cover reveal di Melusina ritroviamo Aislinn assieme a Luca Tarenzi in una serie di racconti che promettono stelle, uragani e sangue.
Nel caso non vi ricordiate chi sono:
Aislinn e Luca Tarenzi si assomigliano più o meno quanto Legolas e Gimli. Lei è alta, flessuosa e con i capelli abbastanza lunghi da strangolarvici se provate a toccarglieli. Lui è basso, peloso e anche da sobrio fa più rumore di una banda di vichinghi ubriachi. In comune hanno l’amore per il metal e per la scherma storica, per le antiche religioni e le eresie, per la magia e più di ogni altra cosa per le storie di mostri e meraviglie. Potreste incontrarli a un evento librario come a un concerto come a un festival pagano all'aperto: li riconoscerete perché ridono a voce più alta, ballano più indiavolati e discutono più animatamente di chiunque altro intorno. Potrebbero essere armati di spada, ma in genere non sono pericolosi. Se offrite loro da bere, è probabile che vi abbracceranno forte, vi faranno sedere al loro tavolo e vi racconteranno storie mirabolanti sulla loro vita. Farete bene a non credere a una sola parola, ma a loro non ditelo.
Poi noi aggiungiamo che i loro abbracci sono fra i più belli del mondo e fanno concorrenza ai loro libri, ma noi siamo di parte, eh.
Di cosa parla questo meraviglioso (sì, non l'abbiamo letto, ma sappiamo già che è bello, perché se da soli sono una garanzia figuriamoci assieme) libro?
Trama:
Che cosa accade quando due universi, nati per restare divisi e indipendenti, collidono l'uno sull'altro perché si assomigliano troppo? Qualcuno lo chiamerebbe un meraviglioso cataclisma. Qualcun altro, la peggiore tra le idee che due divinità creatrici potrebbero avere dopo una notte di sbronza cosmica.
Ma sarete voi lettori a decidere, perché è esattamente quel che troverete in queste pagine: due ben noti autori di urban fantasy, Aislinn e Luca Tarenzi, che raccolgono le loro storie finora inedite o pubblicate molto tempo fa – storie vecchie, antiche e nuove, riemerse da cassetti dimenticati o scritte solo pochi giorni fa – e le gettano tutte nella stessa arena, per il puro gusto di vedere che succederà. Per il loro ma soprattutto per il vostro (sadico) divertimento.
Storie epiche, tragiche, buffe e spesso un po’ blasfeme, di angeli precipitati in Terra e demoni in fuga dall’Inferno perché non hanno voglia di lavorare, di divinità smemorate che vivono di espedienti e di stregoni teenager che forse avrebbero dovuto studiare di più, di duelli a colpi di spade infuocate per le strade delle nostre città e di apocalissi involontarie rovesciate sul mondo a ritmo di metal.
Ma soprattutto storie di persone – siano esse dèi, mostri, superuomini o comuni mortali – che si trovano ad affrontare con i propri mezzi più o meno soprannaturali le stesse domande che ciascuno di noi deve affrontare ogni giorno: perché siamo qui, che senso ha tutto questo, che cosa dobbiamo fare gli uni degli altri e delle maschere che indossiamo continuamente nella grande, interminabile commedia dell’esistenza.
E anche qui, estratto!
“Il cielo lo chiamava, ma lui non aveva ali per raggiungerlo. Quella carne lo tratteneva laggiù, dove i genitori di Emil e Sasha lo avevano ringraziato quasi in lacrime e la gente lo cercava per un mazzo di tarocchi e sui gradini del palazzo i ragazzi bevevano birra godendosi le prime serate calde, e nelle case gli adulti preparavano cibo in centomila modi diversi, parlavano di problemi e gioie, facevano l'amore e cercavano di uccidersi a vicenda. Il fuoco gli chiedeva di giustiziare i malvagi ma anche di disprezzare tutti gli altri. Le ali che non aveva gli ricordavano la libertà ma anche la solitudine di osservare senza vivere, di guardare senza capire. La superiorità del non agire, la purezza del non essere.
E gli mancava, quel volo. Gli mancavano quelle certezze così semplici e adamantine.
Ma domani ci sarebbe stata la festa di Emil, esseri umani da conoscere, sapori da scoprire, sensazioni inattese, verità di terra e sangue.
Cosa vuoi essere, allora? Un angelo o un uomo? O tutti e due, e nessuno?
No, non lo sapeva. E forse neanche importavano, quelle etichette: le parole non erano l'essenza delle cose, ma racchiudevano già un giudizio, e lui era stanco di giudicare.
Voleva solo vivere.”
La setta del sospiro del Muflone
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