Provate a dire ad alta voce "famiglia naturale". Provate.
Ecco, le sentite queste sirene in lontananza? È un’ambulanza. Perché ogni volta
che vengono pronunciate queste parole un antropologo ha un infarto e muore. Ora
ripete con me "Io credo che il concetto di 'famiglia naturale' sia ridicolo perché tutto ciò che riguarda l'uomo, anche la stessa
divisione fra natura e cultura, non è altro che un costrutto culturale che
varia non solo fra cultura e cultura ma, all'interno di una stessa cultura, di epoca
in epoca" per farlo tornare in vita. Vi lascio un minuto.
Fatto?
Ok, ora possiamo andare avanti, anzi, potremmo fermarci
qui, perché ho già detto tutto.
Però no, vado avanti, perché l'aria da convention di The
Handsmaid's Tale che si respira in questi giorni mi fa venire voglia di brontolare, infuriarmi,
lanciare libri in faccia alle persone ed essere pedante, quindi ora preparatevi
a un lungo post su natura, cultura, famiglia, gay, gender e molto altro.
Correva l’anno 2007 (che era undici anni fa ma siamo praticamente allo stesso punto) e Papa Ratzinger si scagliava contro
le famiglie gay, definendole contro natura e altre cose poco gentili. Un
professore dell'Università di Torino, Francesco Remotti, decise di scrivergli
una lettera (straripante di sassyness accademica), seguita da un libro. Vi
riporto una parte dell'introduzione. Potete pure saltarla se vi annoia, il post
lo capirete lo stesso, ma ve la riporto almeno in parte perché per me è oro.
Santità,
Come molti cittadini italiani e del mondo,
seguo con attenzione le manifestazioni del suo pensiero – né del resto si può
dire che i mezzi di comunicazione siano mai stati avari nel diffondere le Sue
idee e far conoscere le Sue opinioni in merito ai molti problemi che
caratterizzano il nostro tempo. Di questi tempi, in Italia, è stato aperto un
dibattito culturale, politico e parlamentare sulle possibilità di
riconoscimento civile delle unioni o delle forme di convivenza che per qualche
aspetto non coincidono con la famiglia normalmente intesa, e Lei è intervenuto,
e di continuo interviene, su questo tema con argomenti, principi e concetti,
che a mio modo di vedere meritano […] una riflessione adeguata e possibilmente
approfondita. […]
La materia che
insegno si chiama antropologia culturale e devo dire che gli studenti seguono
tale insegnamento con interesse ed entusiasmo. È forse proprio questo
entusiasmo ciò che mi spinge a scriverle, giacché - ripeto - i contenuti
dell'insegnamento rischiano troppe volte, di questi tempi, di porsi in
contrasto con l'insegnamento della chiesa. […]
Santità, prima di
iniziare questa sorta di dibattito indiretto tra le sue idee (le quali
esprimono una lunga tradizione di pensiero) e le mie (quali penso di poter
trarre da un sapere senza dubbio assai meno consacrato), ho voluto mettere le
carte in tavola. Può darsi che questa premessa sia già sufficiente per far
interrompere a Lei (se del caso) e ai suoi sostenitori la lettura di questo
scritto, che probabilmente trasuda 'relativismo' da tutti i pori. Ma se anche
così fosse, ritengo di dover proseguire nel mio percorso, perlomeno per quel
senso di responsabilità scientifica e didattica che mi obbliga – se non altro
nei confronti dei miei studenti – a uno sforzo di chiarificazione continuo […].
Le analisi e le riflessioni che verranno esposte cercano infatti di rispondere
alla 'sfida' che Lei, Santità ha lanciato con i suoi attacchi contro il
relativismo culturale, le unioni gay e tutto ciò che Lei ritiene essere 'contro
natura'. Anche se la lettura degli uomini di chiesa dovesse terminare qui,
analisi e riflessioni contenute in questo libro avranno se non altro il merito
di porre alla prova – agli occhi dei suoi stessi rappresentanti – la
proponibilità di un sapere che fa della molteplicità irriducibile delle
soluzioni umane il suo interesse principale e il suo punto di forza.
Il libro ovviamente merita di essere letto dall'inizio
alla fine, tanto che vi lascio il link per acquistarlo qui. La maggior parte
delle riflessioni che vi proporrò oggi vengono da lì. Ovviamente la mia
versione sarà molto semplificata e scema.
Una prima cosa che dobbiamo chiederci sentendo parlare di
cose contro natura (subito dopo: «ma che sei scemo?») è: cos'è "natura"? Come è
fatta? Dove la trovo? Si trova usata su eBay? Ma poi, la vera domanda, la
domanda delle domande: esiste una
natura umana?
Spoiler, per me è no. O meglio, come diceva Pascal: «il costume è la nostra natura». Ovvio,
c'è anche chi dice che c'è una natura umana, come uno strato di roccia su cui
si costruisce la cultura (come diceva Descartes), ma se è così certa, stabile e
immutabile, data dal cielo, universale, comune a tutti gli uomini eccetera, allora come è
possibile che nessuno finora abbia saputo descriverla in modo definitivo?
Un esperimento che potete fare per capire se la natura
umana esiste potrebbe essere prendere un neonato e lasciarlo crescere senza
cultura. Quindi via il linguaggio, via i gesti, via il vestirsi il cucinare e
il costruire cose. Cosa rimane? Un neonato morto e una condanna penale. No sul
serio, non provateci a casa.
Tutti gli animali se la cavano in una certa misura da
soli, finché non incontrano predatori: cercano il cibo, comunicano in qualche
modo e camminano praticamente da subito. Non hanno bisogno che gli venga insegnato a parlare, a camminare e a mangiare. Gli umani senza cultura non sono
nemmeno lombrichi. L’infanzia umana dura così tanto perché il cervello stesso
finisce di “costruirsi” solo con l’intervento della cultura; se manca questo
intervento rimane incompleto. Proprio biologicamente parlando dico: sinapsi e
compagnia non si formano, la differenza è visibile in una risonanza magnetica.
Insomma, l’uomo non esiste senza cultura.
Quindi ha senso dire che le famiglie arcobaleno sono contro
natura, quando nell’uomo tutto è determinato dalla cultura e la cultura cambia
in continuazione?
Nope, ma andiamo avanti.
Poniamo il caso che non vi abbia convinti, e che siate
ancora fermi sostenitori del fatto che la natura umana esiste, ho un cuggino
che una volta aveva un amico che l’ha vista di persona. Ok. Allora cos’altro
c’è in natura? Gli animali. Che come è risaputo non sono mai omosessuali,
perché l’omosessualità è contro natura. No? AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA. No.
Già nel 1972 Giorgio Celli ha scritto un libro in cui
parlava di comportamenti omosessuali nel mondo animale. Più di recente Bruce
Bagemihl ha scritto un libro lunghissimo, derivato da una lunghissima ricerca,
in cui rivela che ha potuto osservare comportamenti omosessuali in 450 specie
animali.
Q U A T T R O C E N T O C I N Q U A N T A.
No, stoppatevi, vi sento già, popolo della famiglia, che
dite che gli uomini però non sono animali, e che gli animali mangiano i propri
cuccioli e quindi il fatto che lo facciano gli animali non giustifica i ghei.
Non ce ne frega un ca**o di cosa fanno gli animali, a noi. Siete stati voi a
dire che è una cosa cattiva perché gli animali non lo fanno, ora zitti e mosca.
“Ok, ok, i gay possono fare quello che vogliono, ma la
famiglia non mettiamola in mezzo eh! Quella è naturale per forza, solo un uomo
e una donna possono generare un bambino, quella è la natura”.
Seh. Parliamone.
Remotti fa un paragone interessante con gli interventi di
chirurgia estetica: ci sono quelli fatti in modo che il risultato sembri
naturale (tipo la rinoplastica) e quelli in cui invece si vuole evidenziare che
c’è stato un intervento culturale, fatti per sottrarre il corpo al suo stato di
natura, come certi tipi di tatuaggi, piercing e mutilazioni rituali. Per la
famiglia è lo stesso: la famiglia è il prodotto delle scelte fatte da una
cultura. Alcune culture, come la nostra, fanno di tutto per nascondere il fatto
che ci sono state delle scelte, per naturalizzare la famiglia.
La nostra è la
famiglia naturale, così come la natura vuole che sia, non ci sono dietro scelte
o compromessi, è un fatto assoluto.
Aaaah, sentite come è rassicurante? Se è un fatto dato
dalla natura non c’è nulla da mettere in dubbio, nessuno spazio per la
discussione. Dà un senso di stabilità. Ecco perché tanti rimangono attaccati
all’idea della famiglia naturale, lo posso anche (provare a) capire.
Ma il mondo non sarebbe più bello e tollerante se
rinunciassimo a questi salvagenti che ci danno un falso senso di stabilità, e
riconoscessimo che tutto ciò che ci sembra naturale deriva da scelte culturali?
Ci sono molte forme di famiglia. Ci sono sempre state
molte forme di famiglia. Ci saranno sempre molte forme di famiglia, alcune
nuove, alcune “tradizionali”. E sì, tradizionale è fra virgolette perché anche
quello è un fatto che vi sto mettendo in discussione, visto che fino a poco
tempo fa la famiglia tradizionale in molte zone di Italia era considerata
quella patriarcale, con nonni, figli e nipoti, e le famiglie nucleari un chiaro
segno della degenerazione della nostra società. E se stiamo degenerando non è
certo colpa delle nuove forme di famiglia.
“Ok, ma anche coi nonni, ci sono sempre una mamma e un papà, è
per forza così, ovunque”.
Eh no. E vi posso fare una carrellata di esempi, il più famoso è quello delle isole Trobiand, in Papua
Nuova Guinea, dove un centinaio di anni fa Malinowsky scoprì che non viene
riconosciuto il ruolo dell’uomo nel generare i figli. L’uomo si limita ad “aprire la
via”, un lavoro che potrebbe fare anche uno zucchino, e un antenato della donna si stabilisce nell’utero e forma il bambino. Di
conseguenza il padre biologico per come lo intendiamo noi nelle Trobiand non
esisteva, non era considerato un parente. Il parente maschile più prossimo era
lo zio materno, il padre era solo il compagno della madre, che giocava con te e
badava che non ti mangiasse uno squalo.
Oppure potremmo parlare di Samoa, ricerca degli anni 30
di Margaret Mead. Qui i bambini sono liberi di vivere con i parenti che
preferiscono. Mi fai lavorare troppo e non mi compri abbastanza caramelle? Ciao,
vado a vivere con lo zio. E nessuno si sogna di impedirlo, perché i bambini
sono un bene comune e impedirgli di andare a vivere almeno per un po’ da altri
parenti è considerato egoistico, e anche una forma di attaccamento un po’
morboso.
Per quanto riguarda i matrimoni, sì, è vero che possono
avvenire solo fra uomo e donna, ma a meno che non sei figlio di un capo puoi
disfarli in un attimo, semplicemente cambiando casa. Forse per questo motivo il
sesso fuori dal matrimonio è visto come no big deal (sempre se non sei figlia
del capo, in quel caso la tua verginità è merce di scambio). I bambini iniziano
a sperimentare il sesso giovanissimi, per puro divertimento, con il gruppo dei
loro coetanei. E visto che fino a sedici-diciassette anni per la maggior parte
del tempo maschi e femmine vivono divisi, indovinate cosa? Molto spesso le
prime esperienze sessuali sono omosessuali. Quindi, secondo i nostri standard,
sono quasi tutti bi a Samoa.
Certo, forse dire che sono bi è un pelo una forzatura,
visto che per noi sessualità, amore e famiglia sono cose strettamente connesse,
ma a Samoa no. Non provano quel sentimento di attaccamento ed esclusività che
proviamo noi, né con i partner né con i figli, e sembrerebbero soddisfatti
così. Scelte, dicevamo.
Poi secondo voi si può diventare parenti solo sposandosi
e generando figli, per consanguineità? Aaaah, no.
Se leggete “La parentela, cos’è e cosa non è” di Sahlins
scoprirete che forme di parentela possono nascere mangiando il cibo coltivato
nella stessa terra, rischiando assieme la vita, pagaiando sulla stessa canoa,
condividendo lo stesso nome, o anche perché avete un cugino con lo stesso nome
di questa persona, cosa che vi rende automaticamente cugini. Insomma, si può
essere parenti in mille modi diversi, seriamente, così tanti che prima o poi
farò un post per parlarvi solo di quello.
Un’altra cosa che non piace ai difensori della famiglia
naturale è il divorzio. Il fatto che tantissimi siano divorziati ovviamente non
è incoerenza, noo, tranquilli. Comunque: la famiglia naturale è indissolubile, sacra e unita
da Dio, quindi il divorzio è un grande no. Ma indissolubilità del matrimonio e divorzio sono
davvero inconciliabili?
Prendiamo gli Inuit dell’Alaska settentrionale. Non c’è
nessuna cerimonia matrimoniale: basta che un uomo e una donna decidano di avere
un rapporto per renderlo ufficiale. La stessa cosa il divorzio: basta decidere
che è finita per chiudere la faccenda. Il divorzio per loro non è affatto una
catastrofe che lascia cicatrici emotive ed economiche insanabili, è una cosa
comune: quasi il 100% dei matrimoni a un certo punto finisce. Dove sta
l’indissolubilità in tutto questo? Una volta creato un rapporto marito/moglie,
anche solo per dieci minuti, questo non può essere sciolto. Si può mettere in
standby, non vivere più assieme e non avere più rapporti, risposarsi con
un’altra persona e ri-divorziare, ma i due coniugi continueranno a pensare
l’uno all’altro come “mio marito” e “mia moglie”. Una sorta di poligamia, però
in differita: i nuovi rapporti si aggiungono ai precedenti senza sostituirli. E
come se la vivono questa cosa? Beh dipende. O le nuove coppie che si sono
formate si evitano, o hanno un rapporto di amicizia e aiuto reciproco. La
gelosia è bandita.
Può anche succedere che due copie si scambino i partner,
occasionalmente o regolarmente. In questo caso formano una specie di grande
famiglia con co-mariti e co-mogli in cui tutti si vogliono bene. Ovviamente
questa cosa ai missionari che hanno incontrato gli Inuit non è affatto
piaciuta, perché si sa che i missionari non sanno divertirsi.
Sempre a proposito della poligamia, la maggior parte delle società umane sono poliginiche. Esatto, non monogamiche, poliginiche, un uomo tante mogli. (Disclaimer: il fatto che una società sia poligamica significa che la poligamia è ammessa e pratica dalle famiglie più ricche, che possono permetterselo. Le altre famiglie sono monogamiche). Alcune società sono
poliandriche, ovvero una donna e tanti mariti, che è una cosa abbastanza poco comune, ma succede. Ad esempio fra
i Nyinba è molto comune che una donna sposi un gruppo di fratelli. La
solidarietà fra fratelli, non il matrimonio, è considerato l’elemento base
della parentela. I fratelli condividono tutto, dalle posate alle mogli, e non
sono divisi dalla gelosia perché è naturale
che i fratelli condividano cose.
Un altro caso interessante sono i Na, in Cina
meridionale. Qui il matrimonio nemmeno esiste: fratelli e sorelle vivono
assieme. Le donne hanno uno o più amanti, con cui si sollazzano e generano
figli, e i bambini sono cresciuti dal gruppo di fratelli e sorelle. La figura
del padre non è tenuta in considerazione, anzi: se un uomo passa troppo tempo
col figlio che ha generato viene preso per le orecchie dalle sorelle e
riportato a casa, perché è dei loro figli che si deve occupare.
Questa società funzionava benissimo, era estremamente
stabile. Le famiglie arrivavano anche alla dodicesima generazione senza mai
dividersi o cambiare casa. La parentela era fatta solo di consanguinei in via
materna, e quel tipo di legame era eterno. Più stabile di così si muore. Non vi
sembra più naturale questo, rispetto a un’unione fra due persone che si
scelgono perché si piacciono e cercano di arrivare alla fine del loro giorni
senza mandarsi a cagare a vicenda? Cioè, legame di sangue e di ossa. È
indiscutibile no? (sì è discutibile ma non ne discutiamo ora).
Tutto bello, finché non è arrivato il buon vecchio governo
a dire che non c’era spazio per una famiglia del genere nella modernità, ha
disfatto tutto, li ha messi a coppie formate da mamma e papà con eventuali figli
come natura vuole che sia e li ha lasciati col culo per terra, perché questa
famiglia per loro era estremamente scomoda, precaria e innaturale. Si sono adeguati, ma non volentieri.
“Ma se sono così promiscui come fai a sapere di chi sono
i figli?” Non tutte le società sono patrilineari, Susan. Molte sono
matrilineari, il che vuol dire che eredità e discendenza sono per via materna,
quindi puoi avere tutti i partner che vuoi, è abbastanza facile capire chi è la
madre. In altre i figli sono di chi li cresce. In altre ancora di chi sposa la
madre, anche se i figli sono già nati.
“Sì, sì, ok, ma in
tutte queste famiglie non ci sono i ghei. Le famiglie arcobaleno non esistono”
Ok, volete i gay? Veniamo ai gay.
Parliamo di matrimoni fra donne. Per i Nuer del Sudan è
estremamente importante, per una donna, avere figli. Una donna sterile vive un
vero dramma, perché una donna non è una donna se non procrea. Come risolvere il
problema? Semplice, se non è una donna, allora è un uomo. Cioè, non è un uomo,
per tutti resta chiaro che lei è una donna, ma come uomo viene trattata. Sposa
una donna più giovane e si fanno aiutare da un volontario (che verrà
ricompensato con una mucca, la mucca della procreazione) a generare un figlio. Il
procreatore non è il padre, non verrà mai considerato padre. Il padre è la
donna marito e il bambino appartiene alla sua discendenza, quindi lei non è più
un’emarginata sociale. Riassumendo, due donne sono sposate con un figlio e a
nessuno frega nulla. Problem solved.
Insomma, i Nuer distinguono nettamente fra Pater e
Genitor, anche se non conoscono il latino. Un’altra cosa che sanno distinguere
assai bene è la differenza fra genere e sesso: la donna marito è di sesso
femminile ma assume un genere maschile. Conosco un sacco di persone a cui
farebbe bene una vacanza fra i Nuer.
Ok, come nel caso di Samoa, non si può parlare di gay o
transessuali in senso stretto, perché non centra nulla con amore, attrazione o
tendenze personali. Ma come ho già detto, quelle sono categorie che hanno senso
solo considerate all’interno della loro cultura, tanto quanto “famiglia”,
“religione”, “natura”. Queste parole non per tutti hanno senso. E sì, è lo
stesso per “gay”, “etero” e “bisessuale”.
Fra parentesi, fra i Nuer si possono sposare anche i
fantasmi. E qui stiamo ancora a fare storie per i matrimoni omosessuali.
Ecco un’altra cosa di cui forse avete già sentito
parlare: i Two Spirits. In quasi tutte le società native d’America è previsto
che un uomo non si senta un uomo e preferisca cucire piuttosto che fare lo
scalpo ai nemici. In circa 150 società nativo americane è attestata la presenza
di Due Spiriti maschili (nel senso di persone col pene che hanno atteggiamenti
femminili). Nella metà di queste sono previsti anche Due Spiriti femminili (nel
senso di persone con una vagina che hanno atteggiamenti maschili). Queste
persone aderiscono a un terzo genere, un genere intermedio, che per il suo
trovarsi in mezzo li rende mediatori fra il cielo e la terra, gli spiriti e gli
uomini, l’uomo e la donna. Hanno una visione doppia, una prospettiva meno
limitata di chi è semplicemente uomo o donna, e quindi vengono tenuti in grande
considerazione. Se un bambino mostra questo tipo di tendenze viene
incoraggiato, non represso. E sì, i due spiriti spesso si sposavano. Con uomini
e donne, non con altri due spiriti. Quindi insomma, vita normale, integrati
nella comunità, tenuti in grande considerazione, finché non sono arrivati gli
europei a chiamarli berdache e disgustosi sodomiti e scappare urlando
dal giender cattivo.
Sì, perché i due spiriti erano tenuti in grande
considerazione anche perché aiutavano a riflettere su come le distinzioni fra i
generi fossero costruite, fluttuanti e non stabili e date dalla natura.
Signori
e signore, è straordinario, siamo di fronte a una cultura che è in grado di riflettere su se
stessa e di riconoscere l’arbitrarietà delle sue scelte senza collassare.
Wooow. Dite che ce la possiamo fare anche noi?
Avrei uno zillione di altre cose da raccontarvi, ma
questo post è già infinito, per cui la chiuderei qui per il momento. Magari in
futuro approfondirò qualcuno degli argomenti che ho potuto appena accennare. (Fatemi sapere se volete sapere di più su qualcosa in particolare).
Spero di aver proposto forme di famiglia abbastanza alternative da farvi considerare le famiglie arcobaleno quello che sono: perfettamente normali. E soprattutto esistenti.
Spero anche di aver gettato un seme per distruggere le fondamenta di tutto ciò che
ritenevate naturale, perché se ci sono così tante alternative, evidentemente,
non possono essere tutte contro natura. Forse siamo tutti secondo natura: gay,
etero, divorziati, risposati, monogami, poliginici, poliandrici, in una relazione
aperta con la pizza. O forse siamo tutti contro natura. O forse la natura come
cosa universale e uguale per tutti non esiste proprio.
Ecco, “forse” è la parola che vorrei vi rimanesse da
tutto questo, “forse” è una parola che apre un sacco di porte.
E poi così la prossima volta che per negare a qualcuno il
diritto di vivere la sua vita pronunciate le parole “famiglia naturale” potete
farle seguire da “forse ho detto una cazzata”.
Purin
ADORO questo post. Io (e tutti i miei personaggi, etero, gay, bi, monogami e poliamorosi e chi più ne ha più ne metta) facciamo 92 minuti di applausi <3
RispondiEliminaQuesto Post è Troppo Breve.
RispondiEliminaEro pronta ad andare avanti tutta la notte.
Stato meraviglioso! Sto scrivendo la tesi di laurea magistrale sul pregiudizio verso le famiglie con genitori dello stesso sesso e ho scritto un paragrafo relativo al fatto che il concetto di famiglia è culturalmente costruito, mi sono ritrovata tantissimo nel tuo post e ho scoperto anche cose nuove! Ho adorato la semplicità con cui hai comunicato i concetti e il tuo modo diretto di lanciare un messaggio. Bellissimo :-)
RispondiEliminaGrande, grande, grande. Odiare i propri simili è simbolo di psicopatia. Comunque Fontana è un poveraccio che non ha vita sociale...
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