Sì vabbé, ve l'avevo promesso e io le promesse le mantengo.
Non agitatevi che non è niente di che. E poi è solo il prologo.
Ve lo beccate tutti i mesi, perché sono sadica e perché così posso andare avanti. Saranno corti, tranne oggi (che sono ispirata). Perché su word pigliano una pagina e mezza, ma su internet no. Ma voi vi sapete accontentare, vero? Vero. Perché siete belli e buoni.
Ah! Ovviamente ogni riferimento a fatti, cose, persone, libri e tutto il resto, è puramente casuale. Soprattutto cognomi, alcuni li ho cercati tipo "cognomi diffusi" su google, altri li ho inventati di sana pianta.
L'umorismo è la gentilezza della disperazione
(Georges Duhamel)
Un'oscurità oscuramente oscura oscurava
tutta la via. Era così oscura che pure il Signore Oscuro si sentiva grigio al
confronto. In questa strada, larga quanto una tavola da stiro, due uomini
passeggiavano strisciando contro i muri. Il primo si bloccò: aveva provato a
girare le spalle e si era incastrato. L'altro iniziò a spingerlo a suon di
«Porca troia, fai una dieta!». Richiamò tutti i santi del Paradiso che
iniziarono a salutarlo.
Poi un botto molto forte bloccò l'uomo
dai suoi tentativi di liberare il compagno, di fronte a loro l'oscurità
lasciava spazio ad una luce accecante, seguita da un calore anormale. L'uomo
incastrato iniziò ad urlare, l'amico non ci pensò due volte a lasciarlo alla
sua triste sorte e iniziò a correre. Vennero bruciati entrambi.
L'oscurità tornò oscuramente a regnare
oscura e selvaggia.
Ero seduta tranquilla in classe a far
finta di ascoltare il professor Greco, quando in realtà fissavo il muro
estasiata dal suo colore bianco sporco, praticamente giallo. Mi ricordava le
pergamene, anche se non ne avevo mai vista una.
Non vedevo l'ora di tornare a casa e
finire “Selvaggia stoccata” di Milae Sosare. La protagonista Concita è
praticamente un'eroina con il suo amore impossibile verso Sombrero, fantasma
irreale, ma promesso ad Armanna, bella zombie senza cuore. Mi faceva sospirare
ad ogni pagina: un capolavoro!
Mi girai a vedere cosa stesse facendo
Petronio, il mio amico d'infanzia. Alzò la testa e i nostri sguardi complici si
scontrarono con la furia di un treno Freccia Rossa.
«Cazzo mi tiri le testate, deficiente?!»
sussurrò massaggiandosi la fronte.
«Oh Petronio, come sei divertente!» gli
risposi passandomi la mano fra le banali onde castane dei miei capelli. «Mi
chiamo Ezio, è tutta la vita che te lo dico!» gli feci una smorfia a cui
rispose con un dito medio. Che burlone!
«Frattaglie! Cos'è tutto questo casino?»
starnazzò il professore distraendomi. «Chiedevo una gomma al mio superamico
d'infanzia. Sa, è–»
«Non ci interessa, Frattaglie! Non
intendo mettervi una nota, perciò esigo per domani una ricerca di otto pagine
sull'arte etrusca.»
«Ma
io non c'entro! È lei che si gira sempre!» cercò di protestare Pet, ma le sue
doti diplomatiche non sono mai state un granché, così decisi di intervenire.
«Professore,
il mio superamico ha ragione. Io mi sono girata perché volevo solo dirgli che
volevo andare in libreria, sa è appena uscito un nuovo romanzo. Magari la
prossima lezione può farla con quello.»
«Adesso sono dieci pagine, complimenti Frattaglie.»
Ignorando lo sguardo del mio amico,
rimasi concentrata sulla mina della mia matita finché non suonò la campanella
che annunciava la fine delle lezioni. Il suo trillo isterico martellava i
timpani di noi studenti come una benedizione, mentre ci preparavamo a tornare a
casa. Messi via libri e quaderni, mi diressi verso l'uscita e vidi Petronio
correre verso la fermata del pullman, lo chiamai ma non rispose. Sicuramente
non mi aveva sentito, cominciai a corrergli incontro.
Merdamerdamerdamerda
mi ha visto! Corri come se la peste ti stesse inseguendo, Ezio! Corri!
Fottitene del latte alle ginocchia o della milza che sta facendo harakiri! Il
pullman. Santo pullman, bellissimo pullman dal colore del sole. Perché parte?
NO! Nonono! Non puoi, io sono qui! Quella pazza sta per prendermi e non mi
lascerà più. Fermati! Maledetto, schifoso pullman dal colore del piscio degli
ubriaconi sulla neve.
Dannazione,
mi sembra di avere della lava che scende per la gola e va nei polmoni.
«Petronio!»
mi giro e PORCAVACCA COME HAI FATTO AD ESSERMI GIÀ DI FRONTE? Ma che hai, i
superpoteri?! Eri all'uscita fino a due secondi fa!
«Ti ho
spaventato?» mi chiede dopo avermi visto fare un salto dallo spavento.
«Un po'.»
ammetto «Come hai fatto ad arrivare così in fretta?»
«Con le
gambe. Senti, passiamo in libreria prima di arrivare a casa? Offri tu.»
No. «No.»
«Farò
finta di non aver sentito.»
Le spezzo
il collo. Giuro che questa volta le spezzo il collo e nessuno mi dirà che ho
fatto male. Nessuno dirà “Ma dai, Ezio! Buttala sul ridere!”
«Quindi
preferisci il panettone o il pandoro?» Non so per quale strano motivo sia
arrivata a farmi questa domanda, non la stavo ascoltando, ma non importa.
«Lo
zabaione. Devo andare che le ricerche mica si fanno da sole.» inizio ad
avviarmi nella speranza, vana me ne rendo conto, che capisca che non voglio più
vederla. Ma la sfiga mi ama alla follia.
«Vabbé,
se insisti così tanto ti do una mano io. Però devi smetterla di fare affidamento
su di me!»
Ma chi te
l'ha chiesto?! «Veramente io non ho detto niente, hai fatto tutto da sola.»
«Senti,
per farmi perdonare farò la ricerca anche per te!»
«No,
preferisco farmela da solo che poi fai casini e mi rovini la media.»
E mette
su il broncio. Ti pareva. Come se funzionasse, poi!
«Guarda,
ora devo proprio andare che i miei mi aspettano a casa. Ci vediamo domani,
okay?» Voilà, veloce e indolore. Inizio a correre verso casa, letteralmente.
Non so
perché, ma mi volto e la vedo lì, bloccata a fissare i cespugli, come fossero
la cosa più strana che avesse mai visto in vita sua. Visto che non sono una
cacca mi fermo e torno indietro.
«Tutto a
posto? Ambrosia?» le chiedo e subito dopo me ne pento perché mi afferra il
braccio di botto e il primo pensiero che mi passa per la mente è “Oddio, è
posseduta!”. Lo so, sono molto intelligente.
«Hai
sentito?» mi fa, e giuro, giuro! Non ho mai avuto così tanta paura come adesso
perché me lo dice girando piano la testa e senza sbattere le palpebre. Provo a
toglierle la mano dal mio braccio, ma ogni volta che lo faccio cambia mano.
«Non ho
sentito niente e continuerò a non sentire niente, ti prego lasciami andare che
voglio tornare a casa prima di essere sbranato da un demone.»
«C'è un
profumo nell'aria, come di... crostate alla marmellata di ciliege selvatiche,
cioccolata e un pizzico di cannella, appena sfornate. Sai no? Di quelle con lo
zucchero di canna e così tanto burro che sembra lo abbiano preso da tre mucche
diverse.»
Ogni
tanto se ne esce con queste descrizioni così dettagliate da chiedermi da dove
diavolo le tiri fuori. E poi che razza di naso c'hai, ragazza?! Io il massimo
che sento è l'aria! La guardo perplesso. Ma ogni tanto li chiude gli occhi?
Faccio per dire qualcosa ma mi blocca con un'altra sua perla: «La sento, Pet.
L'oscurità sta arrivando. È così... oscura! E... cupa. Come... come...»
«La tua
media scolastica?» le suggerisco. Finalmente chiude gli occhi e torna a fissare
il cespuglio. Poi caccia un urlo e lo caccio anche io. Mica perché mi ha colto
di sorpresa ed ero già convinto di morire in modo orribile, no. Per
solidarietà. E dal cespuglio arriva una folata di tanfo tale che c'è mancato
poco che il mio apparato respiratorio si staccasse per volontà propria. Una
serie di esclamazioni abbastanza colorite sfuggono dalla mia bocca e mi
allontano, deciso a tornare a casa una volta per tutte. Mi trascino dietro la
svitata che si lamenta per tutta la strada, dicendo che voleva restare perché
il cespuglio profumava di cose buone e voleva controllare cosa nascondesse. Col
cavolo, io non voglio morire.
Salem
No vabbè, ADORO!
RispondiEliminaAttendo il secondo capitolo.
Grazie! Mi fa piacere che ti piaccia! ;)
RispondiEliminaSalem