venerdì 15 giugno 2018

Il Cavaliere dell'Apocalisse mi ha sedotto - Prologo

Sì vabbé, ve l'avevo promesso e io le promesse le mantengo.
Non agitatevi che non è niente di che. E poi è solo il prologo.
Ve lo beccate tutti i mesi, perché sono sadica e perché così posso andare avanti. Saranno corti, tranne oggi (che sono ispirata). Perché su word pigliano una pagina e mezza, ma su internet no. Ma voi vi sapete accontentare, vero? Vero. Perché siete belli e buoni.




Ah! Ovviamente ogni riferimento a fatti, cose, persone, libri e tutto il resto, è puramente casuale. Soprattutto cognomi, alcuni li ho cercati tipo "cognomi diffusi" su google, altri li ho inventati di sana pianta.





Il Cavaliere dell'Apocalisse mi ha sedotto

L'umorismo è la gentilezza della disperazione
(Georges Duhamel)


Un'oscurità oscuramente oscura oscurava tutta la via. Era così oscura che pure il Signore Oscuro si sentiva grigio al confronto. In questa strada, larga quanto una tavola da stiro, due uomini passeggiavano strisciando contro i muri. Il primo si bloccò: aveva provato a girare le spalle e si era incastrato. L'altro iniziò a spingerlo a suon di «Porca troia, fai una dieta!». Richiamò tutti i santi del Paradiso che iniziarono a salutarlo.
Poi un botto molto forte bloccò l'uomo dai suoi tentativi di liberare il compagno, di fronte a loro l'oscurità lasciava spazio ad una luce accecante, seguita da un calore anormale. L'uomo incastrato iniziò ad urlare, l'amico non ci pensò due volte a lasciarlo alla sua triste sorte e iniziò a correre. Vennero bruciati entrambi.
L'oscurità tornò oscuramente a regnare oscura e selvaggia.

Ero seduta tranquilla in classe a far finta di ascoltare il professor Greco, quando in realtà fissavo il muro estasiata dal suo colore bianco sporco, praticamente giallo. Mi ricordava le pergamene, anche se non ne avevo mai vista una.
Non vedevo l'ora di tornare a casa e finire “Selvaggia stoccata” di Milae Sosare. La protagonista Concita è praticamente un'eroina con il suo amore impossibile verso Sombrero, fantasma irreale, ma promesso ad Armanna, bella zombie senza cuore. Mi faceva sospirare ad ogni pagina: un capolavoro!
Mi girai a vedere cosa stesse facendo Petronio, il mio amico d'infanzia. Alzò la testa e i nostri sguardi complici si scontrarono con la furia di un treno Freccia Rossa.
«Cazzo mi tiri le testate, deficiente?!» sussurrò massaggiandosi la fronte.
«Oh Petronio, come sei divertente!» gli risposi passandomi la mano fra le banali onde castane dei miei capelli. «Mi chiamo Ezio, è tutta la vita che te lo dico!» gli feci una smorfia a cui rispose con un dito medio. Che burlone!
«Frattaglie! Cos'è tutto questo casino?» starnazzò il professore distraendomi. «Chiedevo una gomma al mio superamico d'infanzia. Sa, è–»
«Non ci interessa, Frattaglie! Non intendo mettervi una nota, perciò esigo per domani una ricerca di otto pagine sull'arte etrusca.»
«Ma io non c'entro! È lei che si gira sempre!» cercò di protestare Pet, ma le sue doti diplomatiche non sono mai state un granché, così decisi di intervenire.
«Professore, il mio superamico ha ragione. Io mi sono girata perché volevo solo dirgli che volevo andare in libreria, sa è appena uscito un nuovo romanzo. Magari la prossima lezione può farla con quello.»
«Adesso sono dieci pagine, complimenti Frattaglie.»
Ignorando lo sguardo del mio amico, rimasi concentrata sulla mina della mia matita finché non suonò la campanella che annunciava la fine delle lezioni. Il suo trillo isterico martellava i timpani di noi studenti come una benedizione, mentre ci preparavamo a tornare a casa. Messi via libri e quaderni, mi diressi verso l'uscita e vidi Petronio correre verso la fermata del pullman, lo chiamai ma non rispose. Sicuramente non mi aveva sentito, cominciai a corrergli incontro.

Merdamerdamerdamerda mi ha visto! Corri come se la peste ti stesse inseguendo, Ezio! Corri! Fottitene del latte alle ginocchia o della milza che sta facendo harakiri! Il pullman. Santo pullman, bellissimo pullman dal colore del sole. Perché parte? NO! Nonono! Non puoi, io sono qui! Quella pazza sta per prendermi e non mi lascerà più. Fermati! Maledetto, schifoso pullman dal colore del piscio degli ubriaconi sulla neve.
Dannazione, mi sembra di avere della lava che scende per la gola e va nei polmoni.
«Petronio!» mi giro e PORCAVACCA COME HAI FATTO AD ESSERMI GIÀ DI FRONTE? Ma che hai, i superpoteri?! Eri all'uscita fino a due secondi fa!
«Ti ho spaventato?» mi chiede dopo avermi visto fare un salto dallo spavento.
«Un po'.» ammetto «Come hai fatto ad arrivare così in fretta?»
«Con le gambe. Senti, passiamo in libreria prima di arrivare a casa? Offri tu.»
No. «No.»
«Farò finta di non aver sentito.»
Le spezzo il collo. Giuro che questa volta le spezzo il collo e nessuno mi dirà che ho fatto male. Nessuno dirà “Ma dai, Ezio! Buttala sul ridere!”
«Quindi preferisci il panettone o il pandoro?» Non so per quale strano motivo sia arrivata a farmi questa domanda, non la stavo ascoltando, ma non importa.
«Lo zabaione. Devo andare che le ricerche mica si fanno da sole.» inizio ad avviarmi nella speranza, vana me ne rendo conto, che capisca che non voglio più vederla. Ma la sfiga mi ama alla follia.
«Vabbé, se insisti così tanto ti do una mano io. Però devi smetterla di fare affidamento su di me!»
Ma chi te l'ha chiesto?! «Veramente io non ho detto niente, hai fatto tutto da sola.»
«Senti, per farmi perdonare farò la ricerca anche per te!»
«No, preferisco farmela da solo che poi fai casini e mi rovini la media.»
E mette su il broncio. Ti pareva. Come se funzionasse, poi!
«Guarda, ora devo proprio andare che i miei mi aspettano a casa. Ci vediamo domani, okay?» Voilà, veloce e indolore. Inizio a correre verso casa, letteralmente.
Non so perché, ma mi volto e la vedo lì, bloccata a fissare i cespugli, come fossero la cosa più strana che avesse mai visto in vita sua. Visto che non sono una cacca mi fermo e torno indietro.
«Tutto a posto? Ambrosia?» le chiedo e subito dopo me ne pento perché mi afferra il braccio di botto e il primo pensiero che mi passa per la mente è “Oddio, è posseduta!”. Lo so, sono molto intelligente.
«Hai sentito?» mi fa, e giuro, giuro! Non ho mai avuto così tanta paura come adesso perché me lo dice girando piano la testa e senza sbattere le palpebre. Provo a toglierle la mano dal mio braccio, ma ogni volta che lo faccio cambia mano.
«Non ho sentito niente e continuerò a non sentire niente, ti prego lasciami andare che voglio tornare a casa prima di essere sbranato da un demone.»
«C'è un profumo nell'aria, come di... crostate alla marmellata di ciliege selvatiche, cioccolata e un pizzico di cannella, appena sfornate. Sai no? Di quelle con lo zucchero di canna e così tanto burro che sembra lo abbiano preso da tre mucche diverse.»
Ogni tanto se ne esce con queste descrizioni così dettagliate da chiedermi da dove diavolo le tiri fuori. E poi che razza di naso c'hai, ragazza?! Io il massimo che sento è l'aria! La guardo perplesso. Ma ogni tanto li chiude gli occhi? Faccio per dire qualcosa ma mi blocca con un'altra sua perla: «La sento, Pet. L'oscurità sta arrivando. È così... oscura! E... cupa. Come... come...»
«La tua media scolastica?» le suggerisco. Finalmente chiude gli occhi e torna a fissare il cespuglio. Poi caccia un urlo e lo caccio anche io. Mica perché mi ha colto di sorpresa ed ero già convinto di morire in modo orribile, no. Per solidarietà. E dal cespuglio arriva una folata di tanfo tale che c'è mancato poco che il mio apparato respiratorio si staccasse per volontà propria. Una serie di esclamazioni abbastanza colorite sfuggono dalla mia bocca e mi allontano, deciso a tornare a casa una volta per tutte. Mi trascino dietro la svitata che si lamenta per tutta la strada, dicendo che voleva restare perché il cespuglio profumava di cose buone e voleva controllare cosa nascondesse. Col cavolo, io non voglio morire.

Salem

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